PIÙ OLIO D’OLIVA, MENO FAME
I risultati, pubblicati in questi giorni, di uno studio scientifico sviluppato dalla Technische Universität di Monaco di Baviera (TUM), sotto la supervisione del Professor Peter Schieberle, e dall’Università di Vienna, sotto il coordinamento della Professoressa Veronika Somoza, mettono in luce una caratteristica dell’olio d’oliva fin’ora sconosciuta. Infatti, la sua presenza nella dieta genera una maggiore sensazione di sazietà e, quindi, una diminuzione del desiderio di mangiare altre pietanze che causerebbero un conseguente accrescimento del numero delle calorie acquisite.
In realtà, l’idea dello studio nasce da una considerazione che sta sempre più prendendo piede tra chi si occupa di alimentazione: ovvero che, se da un lato, i prodotti “light”, cioè a bassa contenuto di grassi, sono senza dubbio meno calorici, dall’altro generano una sensazione di sazietà inferiore al prodotto “normale” e, dunque, inducono l’utilizzatore a mangiarne di più vanificando, almeno in parte, il beneficio che ci si proponeva di ottenere.
I ricercatori hanno così messo a confronto quattro diversi grassi alimentari, due di origine animale e due di origine vegetale, ovvero: strutto, burro, olio di colza e olio d’oliva. Durante un periodo di tre mesi, i partecipanti alla studio hanno aggiunto alla loro dieta normale 500 grammi al giorno di yogurth “addizionato”, a seconda dei casi, con uno dei quattro grassi in questione.
“L’olio d’oliva ha generato l’effetto di sazietà maggiore – ha spiegato Peter Schieberle, professore ordinario di Chimica degli Alimenti alla TUM e direttore del Centro di Ricerca Tedesco di Chimica Alimentare – il gruppo di persone che ha mangiato lo yogurt con l’olio d’oliva aveva poi nel sangue una maggiore concentrazione dell’ormone della sazietà, la serotonina. In termini soggettivi, questo gruppo di persone ha affermato di aver trovato lo yogurt addizionato con l’olio d’oliva molto saziante”. Durante il periodo dello studio, nessun membro di questo gruppo ha registrato un incremento né del suo peso corporeo né della percentuale di grassi nel loro organismo”.
L’Aroma è il fattore chiave
“Questi risultati ci hanno sorpreso – ha continuato il Professor Schieberle – poiché, in realtà, olio di colza ed olio d’oliva contengono livelli simili di acidi grassi”. A questo punto, per spiegare le differenze, era necessario muoversi lungo un percorso di ricerca alternativo. I ricercatori hanno così concentrato la loro attenzione verso gli aromi contenuti negli olii: ad un gruppo è stato somministrato yogurt contenente un estratto di aromi propri dell’olio d’oliva mentre al “gruppo di controllo” veniva dato yogurt senza alcuna aggiunta.
Questo ulteriore esperimento si è dimostrato risolutivo: infatti, mentre il gruppo che aveva inserito nella dieta lo yogurt “addizionato” ha continuato ad assumere il medesimo livello di apporto calorico della fase di studio precedente, i componenti del “gruppo di controllo” hanno sentito l’esigenza di assumere ciascuno 176 chilocalorie al giorno in più rispetto a quanto avevano fatto nella fase precedente durante la quale anche loro avevano beneficiato dello yogurt “corretto”.
L’impatto sul livello di zucchero nel sangue
La durata del senso di sazietà dopo mangiato dipende da diversi fattori ma, tra questi, il livello di zucchero nel sangue riveste un ruolo particolarmente importante. Infatti, quando il livello cala, le cellule iniziano a assorbire il glucosio presente nel sangue e l’individuo ha nuovamente fame. Così, la terza parte dello studio è stata focalizzata ad individuare quali tra le sostanze aromatiche presenti nell’olio d’oliva fossero più efficaci nell’inibire l’assorbimento dello zucchero dal sangue.
I ricercatori – impiegando olii d’oliva provenienti da Italia, Grecia, Spagna ed Australia – sono riusciti ad identificare due sostanze che riducono l’assorbimento del glucosio presente nel sangue: l’Esanale e l’E2-Esanale. A vanto degli olii italiani, i ricercatori hanno anche rilevato come il nostro prodotto conteneva la quantità più grande di questi due aromi. “I risultati da noi ottenuti – ha concluso il Professor Schieberle – dimostrano come gli aromi possano giocare un ruolo nella regolazione del senso di sazietà. Speriamo che questa nostra ricerca apra la strada allo sviluppo di nuovi prodotti a ridotto contenuto di grassi che siano comunque sazianti per coloro che se ne nutriranno”.